Uno degli argomenti di ricerca che ha destato più interesse nel corso delle indagini svolte nel sottosuolo di Trieste, ha riguardato il tema dell’approvvigionamento idrico della città. Nel corso degli anni, abbiamo esplorato le gallerie dell’acquedotto romano di Bagnoli, i bacini delle sorgenti di Aurisina, i cunicoli dell’acquedotto sussidiario del Sardos, ma gli studi più interessanti sono stati sicuramente quelli legati all’acquedotto Teresiano.

dove erano presenti i primi bacini di filtraggio. (Foto Halupca)
Il territorio circostante Trieste
Il territorio della città di Trieste è costituito da depositi di Flysch, ovvero da stratificazioni alternate di marna ed arenaria, intercalate da argilla. Su queste litologie, la circolazione idrica è quasi completamente superficiale, con corsi d’acqua che si ingrossano rapidamente dopo ogni precipitazione, ma che rimangono completamente asciutti nei periodi più secchi. Solo una minima quantità d’acqua scende in profondità attraverso le discontinuità del terreno (fratture, piani di faglia, giunti di strato, ecc.), creando delle piccole falde superficiali. Per raccogliere questa poca acqua disponibile si è adottata l’unica soluzione che, anche se di poca resa, metteva a frutto le varie esperienze acquisite durante la costruzione di altri acquedotti, nonché nello svolgimento delle attività minerarie. E’ stato quindi considerato come l’acqua, in presenza di rocce impermeabili, scenda in profondità a fatica e solamente in corrispondenza delle fratture. Scavando nel terreno una galleria (wassergallerie) che si inoltra negli strati di roccia, si incontreranno queste fratture ed in loro corrispondenza si potrà intercettare la poca acqua disponibile, che percola dalle pareti. Più è lunga la galleria, più discontinuità si incontreranno e quindi più acqua si raccoglierà. E’ possibile parlare di “pozzi orizzontali”, che permettono di attingere alle limitate falde idriche superficiali presenti in particolari punti del territorio. Il principio è semplice, ma deve necessariamente confrontarsi con altre variabili, come l’inclinazione degli strati, la compattezza della roccia e le caratteristiche della copertura di superficie. Gli ingegneri incaricati dall’imperatrice Maria Teresa si affidarono a questa teoria e si portarono nel luogo dove un tempo trovava inizio il vecchio acquedotto romano di San Giovanni. Sicuramente era già visibile sul posto qualche fuoriuscita di acqua e si cominciò a scavare (nel 1749/51) proprio in quel punto la prima di una lunga serie di gallerie sotterranee.

alla quota di 97m slm (Foto Guglia)
Esplorazioni della SAS all’acquedotto Teresiano
L’esplorazione speleologica delle opere sotterranee appartenenti all’acquedotto Teresiano è iniziata nel 1984.
Ci siamo inizialmente concentrati sulla vallata del torrente Starebrech, solo parzialmente interessata dall’espansione urbana. Percorrendo questa valle abbiamo pen presto identificato, vicino al corso d’acqua, gli imbocchi di due gallerie, l’una quasi sovrapposta all’altra. Si tratta delle gallerie Stena, rispettivamente superiore ed inferiore (n. CA 4 e 5 FVG-TS). Entrambe presentano il tratto iniziale rivestito in arenaria, mentre la parte terminale risulta scavata nella viva roccia. Nella galleria inferiore, lunga un centinaio di metri, l’acqua ha creato un ambiente talmente ricco di concrezioni calcitiche da poter reggere il confronto con le ben più antiche grotte carsiche.

(Foto Guglia)
Ritornando all’acquedotto ed ai suoi punti di presa, nel 1986 abbiamo finalmente ottenuto l’autorizzazione per entrare nel Capofonte (n. CA 1 FVG-TS), opera ancora ben identificabile, anche se oggi sprovvista della sua parte superiore, che presenta sopra il proprio ingresso una pregevole lapide dedicatoria. Entrando nel piano interrato abbiamo potuto accedere ad un ambiente dotato di tre vasche per il filtraggio dell’acqua, sul fondo del quale si diparte una galleria. E’ stata però una sorpresa il constatare che detta galleria di alimentazione si interrompeva dopo una decina di metri di sviluppo. Abbiamo dovuto avviare una serie di ricerche archivistiche per capire che, a causa di pericolosi cedimenti della volta, la galleria era stata interrotta nel 1881. Oggi è possibile accedere alla galleria calandosi lungo un pozzo profondo 8 metri, chiuso da una botola e posto all’interno di una proprietà privata. Le gallerie Superiori (n. CA 2 FVG-TS) misurano complessivamente 251 m di sviluppo e presentano tre rami distinti. Durante le ricerche della galleria Slep (per il momento non rintracciata), abbiamo localizzato la cosiddetta galleria Marchesetti (n. CA 3 FVG-TS). E’ stato possibile risalire il cunicolo che, con una lunghezza di oltre 100 m ed un dislivello positivo di 21 m, raccoglie ancora oggi le acque della sovrastante valle del torrente Marchesetti.

poste a monte del Capofonte (Foto Guglia)
A questo punto abbiamo rivolto le nostre attenzioni ai manufatti ipogei posti a quota 54 m slm. Con l’aiuto di alcuni documenti, nel 1990, abbiamo localizzato il pozzo d’areazione denominato “C”. Scesi 8 m di verticale, è stato possibile accedere alla galleria Zock, che è stata seguita in discesa fino ad incontrare la galleria Secker (n. CA 14 FVG-TS). Risalendo invece verso monte per un centinaio di metri rispetto al pozzo d’ingresso, abbiamo avuto la spiacevole sorpresa di giungere fino alla base del pozzo “D”, che è risultato ostruito da un’ingente quantità di materiali provenienti dall’alto. Per questo motivo, attualmente non è possibile accedere ai 650 m di ulteriori cunicoli (galleria Tschebull).

Nel 1992, risalendo oltre le gallerie Stena ed accedendo ad una proprietà privata, è stato possibile visitare e documentare il sistema di gallerie denominato complesso Store (n. CA 158 FVG-TS). L’ingresso conduce direttamente all’interno del collettore principale dell’acquedotto. Nelle immediate vicinanze è stato localizzato un altro breve tratto della galleria principale (n. CA 183 FVG-TS), che originariamente si prolungava al di sotto dei terreni coltivati. Recentemente sono arrivate, però, delle inaspettate novità esplorative riguardanti sempre questa zona. Controllando accuratamente l’area pianeggiante posta lungo la sponda destra orografica del torrente Farneto, è stato rinvenuto e documentato un ulteriore tratto del cunicolo che fungeva da collettore (n. CA 870 FVG-TS), per una lunghezza complessiva di 25 m. Subito a monte di questo, è stata rintracciata, invece, un’opera sotterranea di particolare interesse. Si tratta dell’unica galleria di captazione idrica (denominata “galleria dei Francesi” – n. CA 871 FVG-TS) ricavata sotto il colle di Timignano e non sotto il colle del Farneto. Lo scavo si estende per un totale di 48 m. L’ultima novità riguarda la zona posta a monte del complesso Store. Poche decine di metri più a monte è stata rinvenuta, infatti, la prosecuzione del collettore (Galleria Store superiore – n. CA 872 FVG-TS) con uno sviluppo di 63 m di galleria, parte in roccia parte rivestita con volta in pietre.

Nel corso delle ricerche è stato esplorato anche un breve tratto di cunicolo situato nei pressi della Rotonda del Boschetto, la galleria di via delle Linfe (n. CA 13 FVG-TS), che rappresenta un tratto – lungo 25 m e rimasto oggi isolato – dell’originale sistema di trasporto dell’acqua.
Il Progetto Theresia

Progetto Theresia, è stato scelto il logo qui a fianco.
In relazione alla grande mole di dati storici ed esplorativi raccolti sulle opere realizzate per l’approvvigionamento idrico di Trieste, è stato così avviato il “Progetto Theresia – Indagine storico/documentativa sull’acquedotto voluto dall’imperatrice Maria Teresa per la Trieste emporiale del XVIII secolo“. Questo ciclo di studi, di carattere interdisciplinare, ha riguardato principalmente i campi della ricerca archivistica e bibliografica, della documentazione topografica e fotografica, della verifica idrologica e geologica, nonché‚ della descrizione architettonica e tecnico/morfologica delle opere idrauliche ipogee legate all’acquedotto Teresiano (in tedesco: “Wassergalerien“).
Nei vari programmi della SAS vi è anche quello di rendere le gallerie dell’acquedotto Teresiano più accessibili ai ricercatori ed agli appasionati. Nell’anno 2005 sono state installate delle scale metalliche fisse all’nterno del pozzo di accesso alle gallerie Secker, per facilitare la discesa dei circa 8 m di verticale che, fino a quel momento, venivano superati con tecniche di progressione speleologica.
Bibliografia
L’Acquedotto Teresiano di Trieste di Paolo Guglia, pubblicato su “Opera Ipogea”, n. 1/2007 – rivista della Commissione Cavità Artificiali della SSI, numero monografico dedicato al progetto “Carta degli antichi acquedotti ipogei” .